L'Arte Contemporanea – Castello di Ama

Il Progetto

L'arte in dialogo con il 'genius loci'

Il Genius è, nella filosofia greca, una divinità che rappresenta tutte le cose generate e, al tempo stesso, è capace di generarle. Sant’Agostino definisce il genius come il talento inventivo e creativo, ma sarà Kant a darne una definizione molto più approfondita nella sua 'Critica del Giudizio': "il talento di scoprire". Il genius è colui che ha la possibilità di trovare: non è necessario che conosca, ma deve essere in grado di produrre qualcosa di magistrale, cioè: di riferimento per tutti. "Genio", infatti, deriva da genius e non è altro che la capacità di creazione di cose originali donata dalla natura all’uomo. L’aggiunta del genitivo loci definisce il genio specifico di un luogo.

Terroir è invece il termine, usato in enologia, che definisce l’unicità di un vino. Graficamente, viene rappresentato da un triangolo ai cui vertici ci sono il terreno, il clima e la varietà e al cui centro si trova l’uomo. Non tutte le zone viticole sono dotate del terroir, ed una vigna senza terroir è come una chiesa sconsacrata: sembra che non manchi niente, ma in realtà manca la cosa più importante.

Stare ad Ama, ascoltarne i racconti, respirarne l’aria e berne il vino: questo è il miglior modo di presentarci. Ed è così che l’Artista finisce per esser fecondato dal genius loci – proprio come è già accaduto all’enologo con il terroir – e crea qualcosa di magistrale, di irripetibile e specifico per quel luogo. Qui e non altrove.

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Vino e arte

Ad Ama, l’artista è chiamato alla stessa fatica dell’enologo: entrare in contatto ed interpretare il
senso del luogo, rivelandolo.

“Castello di Ama è un microcosmo di tempo, storia, natura e arte. Il suo è un ambito contenuto e intimo. Qui nulla è monumentale, nulla è grandioso o esagerato, non c’è niente che non si fonda armoniosamente con il paesaggio. Tutto è caratterizzato da un senso di contenimento, equilibrio e tranquillità. Lo sviluppo del progetto artistico è stato più organico che schematico: sebbene sia stato realizzato, di media, con una commissione all’anno, vi sono stati anche i periodi in cui non è stato aggiunto nulla (così come ci sono anni in cui si decide che non verrà prodotto alcun vino). Una serie aperta in cui nessun programma o progetto è prioritario rispetto agli altri, e che sarà arricchita e ingrandita nel corso del tempo grazie a nuovi interventi. A ogni ulteriore aggiunta, l’identità dell’insieme viene modificata e rafforzata allo stesso tempo.”


Philip Larratt-Smith, Coltivare e custodire, Corraini Edizioni, 2015

Il lavoro realizzato nel 2001 da Daniel Buren, “Sulle vigne: punti di vista”, è un inno all’armonia di Ama. L’opera ci trasporta in una “stanza” che riflette il Borgo e noi stessi, facendoci immergere nel dialogo tra il vino, le vigne, e l’arte.

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L'arte nel luogo

Il progetto è iniziato nel 2000, con la prima installazione affidata a Michelangelo Pistoletto: “L’albero di Ama: moltiplicazione e divisione dello specchio”. Ci è stato chiaro, sin da subito, ciò che desideravamo: l’agire nel e per il luogo. Ogni artista, con la propria cultura e sensibilità, coglie il proprio personale senso del luogo, ciò che Ama gli trasmette.

L’opera di Pascale Marthine Tayou, “Le chemin du bonheur”, del 2012, ne è un perfetto esempio. La capacità di stupirsi e vedere oltre: tra il grigio delle pietre toscane, un magico caleidoscopio di colori.

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Gli artisti

È grazie ad un confronto stretto e diretto, tra l’artista e Ama, che le opere assumono la loro unicità. Ogni opera è interamente pensata ed eseguita site-specific, modellandosi nel rispetto del luogo.
Questo è avvenuto, a più riprese, nella realizzazione dell’opera di Hiroshi Sugimoto, “Confession of zero”, del 2014.

Sugimoto, in una ricognizione a pochi giorni dall’inaugurazione del suo lavoro, ha riconosciuto la finestra che illuminava l’abside come una camera oscura: praticando un foro stenopeico, ha proiettato l’esterno all’interno, incorporando idealmente nella sua opera l’intero borgo di Ama.

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Lorenza Sebasti e Marco Pallanti

Non è solo un rapporto di lavoro. Con gli artisti si instaura un’amicizia, e un rapporto di complicità: verso il luogo, verso il progetto, verso una idea comune.

Lorenza Sebasti e Marco Pallanti, CEO la prima ed enologo il secondo, gli artefici di Castello di Ama, hanno infatti sin da subito visto nell’arte contemporanea il modo per esprimere ciò in cui hanno sempre creduto: la sensazione di essere in posto unico.

“Il lavoro dell’artista è un grande punto di riferimento per me”, afferma Marco Pallanti, “perché, vedendo le loro idee concretizzarsi, apprendo sempre nuovi elementi che mi interrogano sul mio personale lavoro di enologo, a contatto con quella materia così interpretabile che è il vino”.

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Collaborazioni

Il progetto dell’arte contemporanea nasce dall’incontro con Galleria Continua, all’epoca astro nascente italiano. La collaborazione, scambio di suggestioni ed interpretazioni, continua fino al 2014, quando le strade si dividono.

Nel cammino di Ama si inserisce quindi Philip Larratt-Smith, curatore di livello internazionale e – soprattutto – amico. Come se fosse nel progetto di Ama da sempre, Larratt-Smith è la persona alla quale abbiamo affidato il compito di guida nell’universo dell’arte contemporanea.

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Le radici

L’intero concetto dietro a Castello di Ama, coniugato sia nel mondo della produzione del vino sia nell’arte contemporanea, ha delle radici solidissime immerse nel territorio.

Come ha individuato, rappresentato e sottolineato Miroslaw Balka, tramite il suo lavoro “Red nerve” del 2019, ad Ama c’è una vena, una radice, che collega ciò che vediamo a qualcosa di più sostanziale, posto nell’oscurità, al di là del visibile.

Come il vino è frutto del nostro particolare terroir, anche le opere d’arte nascono in questo luogo e non altrove.

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Presente e futuro

Nel tempo, il progetto ha sempre mantenuto ben salde le premesse, pur mutando. Ogni nuova opera va ad accrescere e solidificare l’idea da cui Castello di Ama nasce.

Nel 2021 è stato completato il lavoro di Jenny Holzer, dopo circa 3 anni di lavori e cure che sono stati necessari per la buona e naturale crescita della parte di vegetazione.

Il futuro è più vicino di quanto possa sembrare, ed Ama, luogo senza tempo, lo affronta con la grande certezza di un’idea che scavalca la storia.

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